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INTERVISTE - Antonello Venditti -
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Da Tv sorrisi e canzoni-1978
“Sotto il segno dei pesci”Il gioco è iniziato molti mesi fa, più o meno quando Antonello Venditti ha cambiato casa discografica. Si è trattato in pratica di riscoprire questo cantautore di cui si era detto troppo e soprattutto male o comunque in modo superficiale.
Antonello non è persona che si lascia violentare, quindi era escluso l’approccio diretto, esclusa l’inchiesta brutale “perché fai questo?” “perché fai quello?”, “chi sei , che cosa pensi?”. Venditti in realtà ama giocare perché ama misurarsi con se stesso e con gli altri con l’arma dell’intelligenza e poi il gioco è più idoneo a provocare le contraddizioni che a lui piacciono molto
Dice Antonello:
“Dieci anni fa cercavo di modificare la realtà attraverso l’amore e l’unità d’intenti, ma non è cambiato nulla. L’individuo è solo , sempr epiù solo, nessuno lo aiuta a vivere in un modo che non sia mediocre. La nostra vita, da sempre la dobbiamo costruire da soli , possibilmente ricca dentro.”
Dieci anni fa era il sessantotto e i giovani come Venditti cercavano, in maniera magari confusa, di trovare una strada nuova, una vita meno violenta, una società in cui ci fosse davvero posto per tutti. Oggi qualcuno afferma che i ragazzi di allora hanno fallito, che anzi, hanno contribuito a peggiorare le cose.
Antonello non crede a questo fallimento, è convinto solo che le circostanze esigano un modo diverso di affrontare la realtà : alla rabbia fa posto l’ironia, allo scontro diretto una ricerca continua e paziente della contraddizione, a costo, magari, di vivere in modo contraddittorio.
Si capisce allora più facilmente Antonello che, come si può verificare nel suo più recente LP “Sotto il segno dei pesci”, ironizza sulla contestazione con una canzone come “Bomba o non bomba”, lui che è un contestatore nato. Oppure lo si può scoprire padre tenerissimo nella realtà, alle prese con il problema di una paternità vissuta in maniera drammatica dai protagonisti di un’altra canzone, “Sara” che non hanno altro da opporre al dilemma se abortire o no che la speranza di contare sulle proprie forze.
Abbiamo citato il lavoro discografico di Venditti perché in lui non c’è nessuna spaccatura tra l’uomo e l’artista. Antonello è un cantautore vero, non è un geometra di suoni e parole che si affida ai rilevamenti di mercato: se ne infischia della moda, vice come più gli piace, scrive e compone come gli suggerisce l’estro, a tal punto che il successo gli vieni quasi malgrado lui stesso. Perchè altra caratteristica di Antonello non è la ricerca del successo, lui non ama essere personaggio nel senso divistico del termine. Ma com’è dunque Antonello Venditti nella vita quotidiana e nel lavoro? La risposta viene quasi ovvia e lapidaria: del tutto “normale”. Ricco di affetti, generoso, impulsivo, amante delle piccole e buone cose che può proporre la vita di ogni giorno, sul lavoro è esigente soprattutto con se’ stesso , quasi fino all’intransigenza, pronto a prendere fuoco per un errore suo o di chi lavora con lui e altrettanto pronto a dimenticare.
Recentemente al termine di uno spettacolo accolto con particolare calore dal pubblico, lo si è visto abbracciare i componenti del suo complesso come un giocatore di calcio al termine di un incontro vittorioso. Questo genere di slanci, che nascono dentro e si manifestano anche fisicamente , gli sono tipici.
Della sua vita privata, quella cioè che si svolge fra le pareti domestiche, non ama parlare; a chiedergli della moglie Simona, del figlio Francesco, si limita a sorridere:
“Sono cose troppo mie per farne argomento di conversazione. Credo che non interessino a nessuno. E poi chiedo il diritto di essere possessivo e un po’ geloso della mia vita familiare; il mio lavoro già mi tiene lontano da casa per molto tempo; se permetto al pubblico di passare la soglia rischia veramente di andare tutto al diavolo. Con il mio pubblico sono generoso, mi do senza condizioni, ma anch’io ho bisogno di qualche pausa. Poi non vedo cosa ci possa essere di interessante nella mia vita privata: è normale, normalissima.
Si dice che Antonello guadagni moltissimo e che la sua nuova casa discografica, la Philips, gli abbia offerto un ingaggio favoloso:
“Siamo pazzi -scoppia a ridere- io sono un cantautore e non un giocatore di pallone e la Philips non è la Juventus. Quanto a guadagnare, certo io lavoro come una bestia, ma non dimentichiamo che non canto alla Bussola o in altri locali alla moda, io faccio i festival , le feste di piazza, i palazzi dello sport con i biglietti a prezzi popolarissimi. E’ ora di finirla con questa storia che serve solo a ridicolizzare chi l’ha messa in giro”
“Sotto il segno dei pesci”, l’album più recente di Venditti , è in testa alle classifiche più accreditate, viene trasmesso spessissimo dalle radio libere è insomma un successo. Quali ne sono le ragioni? Antonello che ha il gusto del paradosso e dell’autoironia risponde:
“In effetti è un successo; e oggi come oggi, i soli che mi impensieriscano come concorrenti sono i Beatles e i Bee Gees. In ogni caso, parlando seriamente, non mi rendo conto esattamente del perché, anche se ne sono molto, molto felice. Non credo si possano spiegare le canzoni, quello che so di certo è lo scrupolo quasi maniacale che ho messo in questo lavoro. Musica curatissima, registrazioni con musicisti di prim’ordine come gli “Stradaperta”, missaggi effettuati a Londra, testi estremamente trasparenti, espliciti, che hanno lo scopo di esprimere i contenuti senza ermetisimi, falsi pudori e nemmeno atteggiamenti moralistici tipici di qualche mio collega. Ho lavorato seguendo due convinzioni fondamentali. La prima è che il cantautore nel momento della creatività è un “artista”. Quindi deve assolutamente cercare di superare tutti i condizionamenti possibili, seguire la propria “libertà” espressiva. La seconda è che nel momento in cui ciò che si è creato lo si deve trasferire sul disco occorre essere veri professionisti; il pubblico è giustamente esigente e sarebbe un grosso errore deluderlo”
Che cosa c’è nel futuro di Antonello Venditti?
Dietro l’angolo?-chiede ironico-o seriamente?. Chiaramente vogliamo sapere di progetti di lavoro, dei nuovi dischi in cantiere…
Intanto c’è in corso questa lunga e faticosa tournée italiana iniziata qualche settimana fa e che mi porta praticamente in tutto il paese. C’è poi l’opera rock alla quale ho lavorato per la televisione e che dovrebbe essere messa in onda gli inizi dell’autunno. E’ intitolata “Addavenì quel giorno” e sarà interpretata da Adriana Asti e Ninetto Davoli. Tre ore di musica e di grande spettacolo. Certamente ci sarà anche un nuovo LP dal momento che, superato l’attimo di crisi interiore che ha coinciso più o meno con il mio divorzio dall’ex casa discografica, ho ritrovato ispirazione, grinta, voglia di fare…Insomma, bomba o non bomba, arriveremo a Roma o da qualche altra parte, ma arriveremo malgrado voi…
“Vorrei star solo in mezzo alla gente” (1978)
Da “Tutto” Agosto 1978 n. 14Antonello Venditti, “romano de Roma”, dopo aver tratto ispirazione a lungo dal dialetto della sua città, ora preferisce comporre le sue canzoni in italiano. “Voglio che il mio messaggio”, afferma, “sia compreso dal maggior numero possibile di ascoltatori. Ed è per questo che, pur amando il romanesco, ho deciso di cantare in modo che mi capiscano proprio tutti, dall’Alto Adige all’estrema punta dello stivale”.
“Non voglio sapere chi sono perché saperlo porrebbe dei limiti alla mia libertà”
Ceggia, un paesino in provincia di Venezia . L’attrazione del festival dell’Unità, il personaggio per cui migliaia di persone – per lo più giovani – sono affluite da un po’ tutte le parti del Veneto , è Antonello Venditti, il meno divo dei nostri cantautori.
Tra poco incomincerà lo spettacolo, e Venditti si aggira come un’anima in pena attorno al palcoscenico formato dal pianale di un autocarro. Fissa il cielo di questa strana estate, in cui si stanno ammassando cupi nuvoloni ; sembra quasi che dentro di sé stia per fare gli scongiuri per allontanare la pioggia. Scongiuri inutili, del resto, perché prima della fine verrà giù acqua a catinelle. Attorno al cantautore, la cui fronte si oscura parallelamente all’oscurarsi del tempo, si agitano come formiconi impazziti i tecnici del suono, impegnati a montare una marea incredibile di mostruosi strumenti elettronici, mentre dai giganteschi altoparlanti una voce da Giudizio Universale tuona a ripetizione “Uno, due, tre, prova !”.
Il tempo a disposizione è poco, bisogna far presto per evitare l’acquazzone, ma Venditti non si fa troppo pregare e si accinge a concedere di buon grado un’intervista, che potremmo definire sulla linea del fuoco. La prima domanda viene spontanea, visto l’ambiente in cui ci troviamo.Uno come te quanta parte della sua vita dedica allo spettacolo?
Per me, apparire in pubblico, cantare, suonare, è lavoro. Ed è anche fonte di vita, di sostentamento. E’ quindi abbastanza ovvio che allo spettacolo io cerchi di dedicare la parte migliore di me stesso”
Il cantautore si guarda intorno, si rannicchia sulla pedana dell’autocarro-palcoscenico, quasi a cercar protezione dalla minaccia del tempo, poi riprende
“Ma lo spettacolo vero e proprio”, afferma con un sorriso quasi imbarazzato , “non è che il momento culminante di una lunga preparazione. E’ l’ora della verità che ci dirà se tutto il nostro lavoro e le nostre fatiche avranno avuto un senso. Una tournée, infatti, al di là di quella che è la rappresentazione, è fatta di lunghe corse in auto da un paese all’altro , di pasti consumati in qualche modo al ristorante, di notti trascorse in alberghi anonimi , e spesso – come ora – di rabbia contro il maltempo che minaccia di rovinare tutto quanto. Ma tutto questo, tutto il lavoro preparatorio, che è il più lungo e il più faticoso, passa in seconda linea se paragonato con il contatto diretto con il pubblico che è l’unica cosa che conti veramente. Ecco, anche stasera, tanto per fare un esempio, lo spettacolo non sarà proprio come lo vorrei. Qui c’è un palcoscenico, anche se a quattro ruote, ed un grande impianto elettronico. Tutte cose che finiscono per creare un diaframma tra il pubblico e l’artista, e che rendono difficile la comunicazione. Tu da una parte, loro dall’altra, e il dialogo rischia di andare a farsi benedire. E’ proprio per tentare di superare questa barriera di incomunicabilità che io tendo a parlare molto durante i concerti. Lo faccio per me, perché ho sempre bisogno di un dibattito , di un dialogo continuo col mio pubblico. Ho bisogno di sapere in ogni momento dai fischi o dagli applausi se quello che faccio è giusto”.Ma allora dovresti andartene solo in mezzo alla gente, come i cantastorie di un tempo…
“E’ vero, il mio ideale sarebbe proprio di poter girare da solo tra la gente, con il mio pianoforte, per creare una specie di complicità con tutti quelli che mi stanno a fianco. Se fosse possibile cantare e suonare così, si supererebbe quella precarietà di rapporti col prossimo, che per me è tanto difficile da sopportare!”
Sbaglio o le tue canzoni sono cambiate…una volta parlavi di miseria, di sfruttamento, di emigrazione, ed ora…
“No, non ho cambiato affatto la fonte della mia ispirazione”, afferma con decisione il cantautore, “tant’è vero che questi motivi sono ancora la molla interiore delle mie canzoni. Ho solo mutato linguaggio per riuscire ad esprimermi al meglio. Oggi preferisco parlare per simboli più facilmente percepibili da tutti. E così racconto dell’Uomo falco, per esempio, o dell’Eminenza Grigia. Sono riferimenti più immediati alla realtà in cui viviamo, non privi di una certa visione ironica della vita. Più che un cambiamento quindi, è stata una scelta. La stessa scelta che mi ha fatto abbandonare il dialetto romanesco, cui ero e sono attaccato. Il dialetto, infatti, mi limitava. Mi rendeva comprensibile ad un numero più ridotto di persone, e minacciava di impedirmi un discorso serio, facendo cadere le mie canzoni nel folklore.
So che tu leggi personalmente tutte le lettere che ti arrivano, e so anche che sono moltissime. Qual è in genere il loro contenuto ed a quali rispondi ?
La maggior parte, naturalmente contiene richieste di autografi. Poi ce n’è una certa quantità che contiene le richieste più stravaganti o le proposte più incomprensibili. Molte contengono semplicemente degli sfoghi personali di chi scrive. Ci sono, infine, degli ammiratori che cercano di instaurare un rapporto più diretto, che scrivono per conoscerti meglio, per confrontare i loro problemi con i tuoi. Ecco, questi li sento come potenziali amici , come persone con cui è possibile stabilire un rapporto umano. Ed è alle lettere di questi ultimi che rispondo.
Cosa pensi dei cantautori , di questi personaggi tipici degli ultimi decenni ?
Venditti ci guarda per un attimo con un’espressione curiosa sul volto: sarà forse un’impressione, ma dietro le lenti dei suoi occhiali brilla per un attimo un’occhiata maliziosa “Mi sembra”, dice con un mezzo sorriso , “che definire i cantautori come un fenomeno degli ultimi decenni sia un pochino eccessivo. Potrò sbagliarmi ma a partire da Omero, il cieco che cantava le leggende degli dei e degli eroi dell’antica Grecia , di cantautori ce ne sono sempre stati. Cosa siamo al fin della fiera? Gente che compone dei testi, li mette in musica e poi li canta. Gente che insegue il rapporto diretto con il pubblico. E il punto sta proprio qui. Un cantautore dovrebbe essere un mezzo , un pretesto per capire., e non semplicemente un distinto signore da ascoltare e basta. Un cantautore che si limiti a distribuire signorilmente le chicche della sua produzione poetica, standosene ben chiuso nella sua torre d’avorio, rischia l’alienazione e l’isolamento. No, un cantautore ha il dovere di immergersi nel suo pubblico, di verificare la propria ispirazione momento per momento, di permettere a chi gli sta intorno di partecipare alla fase creativa di tutta la sua produzione. E poi c’è un altro aspetto della questione. Quando il pubblico può stare vicino al cantautore, non lo considera più una figura inaccessibile e quasi mitica. Il palcoscenico, a quel punto, non è più il piedistallo per il divo, e cessa di essere una barriera per diventare la pedana che permette a un numero di persona più vasto di dialogare con l’artista!
Antonello Venditti contro il “caromusica” :
Fra tanti cantanti che si rifiutano di apparire in pubblico se il loro compenso non raggiunge cifre astronomiche (c’è chi in una sera guadagna quanto una famiglia normale in un anno), Antonello Venditti è una mosca bianca, quasi uno scandalo.
Ne sa qualcosa Gianni Ravera, organizzatore del Mercato del Disco di Sanremo.
Venditti, infatti, poco pi di un paio di mesi fa, si è rifiutato all’ultimo momento di apparire sulla ribalta sanremese, se i prezzi dei biglietti d’ingresso non fossero stati allineati al livello più basso, 1500 lire a persona.
“Ho sempre sostenuto una politica di prezzi popolari” ha sbottato in quell’occasione il cantautore, decisamente fuori di sé, “e non posso consentire che per assistere a un mio spettacolo si debbano spendere fino a 5000 lire! ”. E non c’è stato nulla da fare.
Se Ravera ha voluto che Venditti (applauditissimo) presentasse le canzoni tratte dal suo ultimo LP “Sotto il segno dei pesci” , ha dovuto accontentarlo abbassando i prezzi !
Intervista sincera e un po’ polemica con un ex-cantautore d’assalto
Antonello Venditti un divo a metà (1979)
di Daniele Ionio“La pubblicità mi ruba le idee” “Sfido Dalla-De Gregori” “Non sono sfizioso come Finardi”. “Farò il press-agent di Renato Zero”
Nato a Roma l’8 Marzo 1949, Venditti aveva trovato in questa data l’occasione di scrivere e incidere “Sotto il segno dei pesci”. Qualcuno però insinua che il cantautore sia nato, in realtà, sotto un altro segno, quello dell’autorità. Il che, in un ex contestatore, figlio come tanti del ’68, potrebbe anche suonare contraddizione.
“Lo so” precisa sorridendo Antonello “lo dicono per via che mio padre era nell’esercito e mia madre una professoressa. Esercito e scuola. Due simboli dell’autoritarismo! Ma ammesso che siano colpe, queste, chi l’ha detto che debbano ricadere sui figli?
Alla vita reale, sua e degli altri, Venditti si è sempre ispirato, dal movimento giovanile fino alla discussa “Canzone per Seveso” e continua a farlo anche oggi, anche nel nuovo album “Buona domenica”, il secondo realizzato dopo la rottura con la RCA ed una clamorosa causa. A proposito come andrà a finire?
Si sta risolvendo con un accordo. Debbo dire che speravo di trovare più ampia risposta da parte dei colleghi cantanti e cantautori. Era un principio importante quello che volevo far valere, ma noi cantanti, in Italia, non siamo molto coraggiosi, abbiamo una gran paura delle case discografiche. Io alla RCA avevo percentuali sulle vendite molto basse : il tre per cento. Loro in cambio potevano fare tutto quello che volevano; decidevano che cosa pubblicare, quando e come. Per questo avevo chiesto in tribunale una liquidazione come lavoratore dipendente, lo stesso inquadramento che hanno anche gli attori.
Adesso che hai cambiato casa, avrai percentuali più alte, ma il potere a chi compete?
Per me è stato molto importante che “Sotto il segno dei pesci” abbia venduto molto, mi ha garantito quella buona dose di autonomia che ho preteso dalla nuova casa. Io e i miei collaboratori pensiamo da soli a tutto, scegliamo i pezzi, li registriamo, poi la casa deve solo stamparlo e metterlo in vendita. Il fatto di aver successo mi serve a conservare questa libertà, dimostrando che avevo ragione.
Buona Domenica ha richiesto dieci mesi di lavoro, costringendo Venditti a non fare spettacoli per tutta l’estate come mai tanto tempo?
I dieci mesi non sono serviti solo per scrivere, musicare e registrare le otto canzoni del disco. Ne sono uscite il doppio, tanto da riempire interamente un altro 33 giri. Queste otto che ho raccolto hanno comunque, tutte assieme un senso preciso. Secondo me un LP è fatto di capitoli. Poi c’è stato tutto il lavoro tecnico per raggiungere il suono ottenuto abbiamo rifatto quattro volte le matrici.
Il libro sonoro di “Buona domenica è autobiografico?
Si , in buona parte. “Robin” ad esempio sono io e “il bandito gentiluomo che viene da Cesena” e si presenta “libero come il sole” è veramente Libero, l’impresario. “Mezzanotte”, la canzone sull’America assassina, è nata dalla mia esperienza negli USA, dove una parte dell’album è stata registrata. Poi c’è “Modena”, che per me è la canzone più bella di tutto il disco, quella con Gato Barbieri. Racconta di un festival dell’Unità a Modena, all’epoca in cui è nato il compromesso storico. In quell’occasione, ci siamo rivisti io e Gato Barbieri, e ci siamo resi conto all’improvviso dell’assurdità dei nostri personaggi, di quello che dovevamo rappresentare e per cui eravamo li’ tutti e due, lui a suonare ed io a cantare. Così quando ho scritto la canzone, ho pensato al grande saxofonista argentino, gli ho telefonato e lui ha preso l’aereo e subito hanno scritto che volevo replicare al duo De Gregori- Dalla
Però nel nuovo album c’è una presa in giro, in Mezzanotte, dei due.
Si anche musicalmente allude a “Cosa fanno i marinai”. Gli ho lanciato una sfida, ma sono miei amici siamo tutti e tre fatti della stessa pasta, noi non siamo tipi “sfiziosi” come Guccini-Finardi.
Se non fossi cantautore oggi cosa faresti?
Lavorerei , probabilmente nel campo della pubblicità. Ho già persino depositato diverse mie idee. Quello slogan, ad esempio, “è amara in un modo pazzesco” rassomiglia molto a una cosa mia che diceva “Amare in un modo pazzesco” Percio’ ora molte trovate vado a depositarle.
E per te stesso che pubblicità useresti?
A questo bastano i dischi
E vero che oggi Antonello ha sposato il cosiddetto “riflusso” e che non riscriverebbe una canzone come “Canzone per Seveso”?
Quella canzone è stata duramente criticata e forse è stato uno sbaglio farla. Ma era sincera, mi trovavo li’ vicino a registrare, il giorno della nube, e l’ho composta al momento.
Ti senti un divo?
Sono visto anche come un divo, ma solo per metà. A Venezia mi hanno fermato dei ragazzi e mi hanno detto “Venditti presentaci a Renato Zero. Essere uno cui si chiede una mano per raggiungere il divo inaccessibile significa essere visto ancora come qualcuno che appartiene al quotidianoDaniele Ionio
Tratto da Boy Music, 1979
“BASTA AMERICA TORNO A ROMA” (1979)
di Mario Luzzatto FegizSperanze e amore nelle interpretazioni di Antonello Venditti dopo la rabbia e i miti rivoluzionari-Roma epicentro della vita del cantautore-La domenica come rapresentazione quotidiana della vita di ognuno di noi-Il successo trionfale dell’ultimo disco–La sua vita di giovane represso da un’educazione borghese-La nostra intervista-incontro
Venditti, 30 anni. Due anni fa per la prima volta, cinquecentomila dischi con “Sotto il segno dei pesci”. E adesso oltre trecentocinquantamila prenotazioni di “Buona domenica”, una domenica durata oltre nove mesi di lavorazione. Un disco carico di trovate semplici e geniali. Commerciale? “No caro avanguardia. Perché fare avanguardia non vuol dire solo camminare sui trampoli in un lago ghiacciato del Michigan inseguiti dall’orso bianco: vuol dire saper ripercorrere con tecnica, arte , spirito di critica e di reinvenzione tutte le tappe di ciò che in quel campo è stato creato fino a quel momento.”
Alt. Del disco parliamo poi. Adesso spieghiamo Venditti. Genio? “No giocattolone” Ma dicono che i geni vivono in equilibrio instabile e fuggono sempre se stessi per non scottarsi…”Allora si, genio”
E il Venditti, vale a dire il musicista che ha scpiccato il volo oltre la dimensione del cantautore per un ruolo più complessivo musical-spettacolare, volando fra l’angoscia d’un boulevard californiano all’acre sapore della bruschetta, fugge se stesso a bordo d’una turbo, niente di particolarmente vistoso e costoso, una bella macchina,senza telefono e aria condizionata che però ricicla anche i gas di scarico. Ecologia? “No giochino che mi prendeva bene”. Unica analogia col pianoforte: gli piace schiacciare il pedale. Quello destro. E se qualcuno indugia sulla corsia di sorpasso gli fa “Guardi che l’autostrada l’abbiamo pagata anche noi”.
Venditti in sala. Chino sulla consolle con Michelangelo Romano, rigoroso come una baby-sitter tedesca. “Dai 'namo a magnà” “Antonello ti ricodo che l’incrocio fra la pista 24 e la 2+6 va effettuato entro oggi”. Non è vero. Ma bisogna che almeno uno dei due sia serio. Hanno discusso insieme, ore, mesi, anni. Hanno passato notti in sala d’incisione. E poi Antonello Venditti dopo aver buttato dall’anima sul 24 piste le sensazioni di una generazione di giovani, va a nutrirsi di realtà.
Facciamo un viaggio con lui da Milano a Savona, per assistere al debutto di Dalla & De Gregori (1979, collaborazione Dalla e De Gregori, “Banana Republic”, i due canteranno insieme “Ma come fanno i marinai”, ndr).
Venditti sta in un angolo. E’ elettrico. E’ seduto accanto a David Zard. E’ affascinato dalle casse di amplificazione. Le conta. “Ok, penso che possano andar bene anche per me. Su ognuna ci mettiamo una lettera col mio nome: a sinistra A-N-T-O-N-E-L-L-O a destra V-E-N-D-I-T-T-I”
Il gioco continua in macchina: rievocazioni e imitazioni. Rievocazioni dei poker alla RCA con altri artisti, conil grande boss Ennio Melis. Le congiure. Le rivolte fallite. Fino alla rottura. Adesso RCA-Venditti hanno fatto la pace . Il figliuol prodigo si sente sollevato. Gioco, genio e capriccio. Dicono che Venditti sia approdato alla Phonogram di Milano solo perché il tassista che lo accompagnava da Linate a Via Borgogna, gli disse “Antonello, io ti ringrazio per averci regalato una canzone come “Roma capoccia”. Pare che l’autista del taxi fosse di origine francese, e si chiamasse Alain Troissat.
Venditti a Milano, di ritorno dallo Stone Castle, ultimi difficili missaggi. Visita al “Corriere della sera”. Gli operai lo riconoscono e Venditti stringe centinaia di mani. “Non piaccio solo alle ragazzine”. Visita all’archivio. Stranamente il luogo gli fa ricordare di essere tremendamente superstizioso. E tocca ferro, fa scongiuri, impreca, se ne vuol andare. Lo spaventano certi segnali di morte, non la morte. Ne discute volentieri. E’ un ben strano superstizioso.
Due di notte, davanti all’edicola aperta nel centro di Milano: esilarante imitazione di Renato Zero.
Saluti a passanti “Ciao Nì” a profusione. L’imitazione è perfetta, peccato che faccia, barba e abbigliamento generale gli diano una credibilità gay assai ridotta. Poi prende una rivista omosex, la piazza nella tasca del cronista, e grida “Ma guardate cosa legge il signor Mario Luzzatto Fegiz, critico musicale del “Corriere della sera”.
Non serve fare buon viso a cattivo gioco, rispondendogli “ Hai qualcosa contro noi diversi?”. E’ lui che conduce il gioco. Sul palco, in sala, nella vita.
Venditti, fermati un attimo. Giochi e corri sempre. Cosa riesce a tenerti inchiodato su una sedia?
“Solo due cose: un pianoforte e un apparecchio televisivo a colori con il telecomando. Credo che il televisore sia il miglior amico dell’uomo”
“Intendiamoci non per quello che trasmette. Ma per la possibilità di cambiare , di vedere unpezzo di film , un pezzo di varietà, una faccia di Baudo.
E il pianoforte?
Venditti si alza dal divano e si dirige tre stanze più in là, in una camera col piano, un letto, qualche apparato per registrare. “E’ il talamo artistico. Quello coniugale che divido con mia moglie Simonetta Izzo, è al piano di sopra, nella mansarda”
E attacca, dai col pedale, le prime note di “Buona domenica”. Il cronista cerca di darsi un tono “Ma che giro armonico è?”. Mi guarda attonito. “Ma come non lo sai che non conosco le note?”
Squilla il telefono, Venditti c’è per tutti, dal giornalista note all’oscuro ammiratore di provincia, Niente segreterie telefoniche. Niente filtri. Niente cani da guardia. Solo una vecchia sanbernarda, sorda, con la quale Venditti gioca a pallone sul bordo della piscina. Piscina? Piscinina. Tre bracciate e sei arrivato. Siamo a Roma, Casal Lumbroso, non a Beverly Hills. Il successo rende difficile circolare: la gente ti ferma, ti chiede, ti vuole…
Antonello Venditti risponde a tutti. Lasciate che i pargoli vengano a me…Ma cosa ti manca per essere felice?
“Un amore tranquillo, un concerto ad Assisi nella notte di Natale e un concerto sul Vesuvio. Ho detto sul Vesuvio, non sull’Etna, non fare confusione”
La tua ispirazione da dove arriva?
“Dalla realtà, mediata dalla fantasia e narrata con semplicità. E’ assai più difficile essere semplici e chiari che complicati”
Chiedo a Venditti di ricordarmi due episodi assai significativi per comprendere il suo carattere. Entrambi accaddero a Milano. Il primo successe durante un’estate.
Venditti doveva tenere un recital al Castello Sforzesco. Ma alle prime note cominciò a cadere una pioggia torrenziale. Il pianoforte fu allora caricato su un camion e portato al Piccolo Teatro, a qualche centinaio di metri. Il pubblico intanto si spostava verso la nuova sede del concerto. Ma, sorpresa, non si riusciva afr entrare il pianoforte a mezza coda sul palcoscenico(piccolo) del Piccolo Teatro. E così il pianoforte fu sistemato nel foyer, dove presente la deliziosa moglie Simonetta Izzo, Venditti tenne senza porsi troppi problemi un applauditissimo recital. Niente sedie, tutti in piedi. (Commento di Venditti: “Che bello, che gioia sentirsi il pubblico vicino, appoggiato al pianoforte. Che emozione, che risate, che casino” )
Secondo episodio: è la sera del 30 Novembre 1976. Poco tempo prima alcuni autonomi hanno contestato e processato Francesco de Gregori. Venditti ama Francesco come un fratello e decide, a modo suo, di vendicarlo. Contro il parewre di tutti decide di tenere un concerto nello stesso Palalido. Ha una paura ladra.
“Me la facevo sotto. Letteralmente. Ma avevo deciso che dovevo farlo. L’organizzazione fu affidata a Radio Canale 96. Ai circoli giovanili furono concessi biglietti a 700 lire . Ciò nonostante disturbarono il concerto. Io mi confrontai con loro, gridai più di loro. A un certo punto dovetti interrompermi.
Certo-continua Venditti- poi dormii per due giorni. Ma intanto avevo cantato, suonato, alla faccia dei casinari”
Ma in quell’occasione Venditti dette a tutti una lezione: ed era quella che l’artista, per essere tale, deve essere libero. Libero dalle pressioni dell’industria, ma anche dalle pressioni dei giovani demagoghi(e talora teppisti) della sassata o della spranga.
E nella libertà è nato, “Buona domenica”, un libero tuffo nella realtà d’una Italia giovanile dai mille volti, contraddittori ma reali. Venditti l’ha dipinta a note vivaci.
L’affresco è disponibile in quattro colori diversi.L’ARTISTA
Antonello Venditti, romano, 30 anni, sposato con Simonetta Izzo, figlia del noto doppiatore Renato Izzo. Padre di un bambino, Francesco Saverio.
S’impose all’attenzione del grande pubblico con ”Roma capoccia”. Altri successi dei numerosi album “Campo de’ fiori” , “Piazza degli eroi”, “Lilly” e, successivamente passato dalla Rca alla Phonogram, “Sotto il segno dei pesci” e “Bomba o non bomba”.L’ULTIMO ALBUM
Si chiama “Buona domenica”, E’ stato registrato in oltre nove mesi di lavoro, a Los Angeles, in un cascinale vicino a Roma e al castello di Carimate in Brianza. Il regista è Michelangelo Romano, già produttore di Alan Sorrenti e attualmente di Roberto Vecchioni e Gianna Nannini. L’album come a un primo ascolto si rivela, è cesellato sul piano tecnico e artistico nei minimi particolari. Da osservare che in questo disco, come in “Sotto il segno dei pesci” e in “Calabuig” di Vecchioni, il produttore napoletano Michelangelo Romano inventa una nuova figura discografica; quella del produttore-regista, autentica “levatrice” della creazione artistica del cantautore e filtro rigoroso di ogni caduta di gusto. Venditti dal canto suo, sembra accompagnato da una vena particolarmente eclettica. Ne risulta un album senz’altro facile, ma a un tempo musicalmente completo.
I BRANI
“Buona domenica”, presentato in anteprima alla Gondola d’oro di Venezia, si preannuncia già come la colonna sonora dell’inverno italiano giovanile ‘79-’80. Il testo parla di questo giorno “da buttare” in cui “lui” non telefona, la sorellina minore fa “bla bla” e la famiglia ride per le battute di un deficiente davanti al teleschermo. E tu che cerchi di studiare, di non pensare alla tristezza d’un giorno di festa buttato, sei distratto dalla tua radio che ti ripete che “è domenica”. E’ il brano più facile e più gradito dalle masse dei giovani. Le ragazzine già gridano “Si le nostre domeniche sono proprio così”.
“Modena” che apre la facciata “B” è invece il brano che piacerà a un pubblico già più sofisticato: c’è una stupenda fusione fra la voce di Venditti e il sax di Gato Barbieri, che sul finale si cimenta in virtuosismi e lamentazioni quasi “hendrixiane”. Anche questo , come “Buona domenica”, è un brano drammatico, anche se in maniera più intellettuale.
“Mezzanotte” è una chiara presa in giro di “Come fanno i marinai” di Dalla e De Gregori: melodia facile, giro armonico elementare, se la prende con l’America, anzi con la California in particolare. Altri brani sono “Stai con me” “Scusa devo andare via (un’altra canzone)” “Donna in bottiglia”.
Due brani probabilmente avranno buona fortuna “Robin”, che ricorda un po’ “Bomba o non bomba” perché ispirata anch’essa ad un viaggio irreale fra i vari “posti delle fragole” dell’artista: c’è l’allusione a Torino davanti al Ferrante Aporti, un’altra al suo impresario Libero Venturi (descritto come un tipico gentiluomo che viene da Cesena). Il protagonista infine, giunto sulla via Tiburtina abbandona tutti e scompare. Va ricordato che sulla via Tiburtina sorge la RCA, la prima casa discografica di Venditti con la quale l’artista ha conservato un rapporto di amore-odio. “Kriminal” invece è una sorta di canzone-gioco sui sensi di colpa del cantautore.CURIOSITA’
Il disco esce con quattro copertine diverse per colore: ciascuno può scegliere quella che preferisce. L’album ha già avuto oltre 320.000 prenotazioni da negozianti e grossisti.
UN SOGNO AMERICANO
Per “Buona domenica”, l’ultimo LP, Antonello si reca a Los Angeles.
Decide di inserire il teno-saxofonisa Gato Barbieri, grande solista di jazz, nel cast del suo nuovo album.
Lungo le strade di Los Angeles Antonello ha incontrato anche i giovani clown dei “teatri da marciapiede”LA VITA DI VENDITTI
Per il piccolo Antonello la magagna peggiore dell’infanzia e della prima giovinezza era il peso. Spropositato da obeso: 94 chilogrammi che gli impedivano di essere libero, di avvicinarsi con spontaneità a una ragazza, che lo facevano sentire un po’ emarginato dai suoi coetanei e dai loro modi di essere. Oltretutto Antonello, nato nel marzo del ’49 da famiglia medio-borghese, aveva una nonna iperprotettiva che misurava l’affetto in base alle calorie fatte ingerire al caro nipotino che superavano di granlunga la media sopportabile per qualsiasi ragazzo della sua età. La mamma, insegnante liceale, accudiva il figlio con un ruolo di educatrice all’antica, inculcando al suo pargolo i principi del formalismo e della logica formale. Papà, alto funzionario dello stato, non comunicava assolutamente con il piccolo Antonello. Dalla sua bocca uscivano luoghi comuni e nulla più. Il quadro non era certo dei più rassicuranti per il giovin Antonello che a otto anni per imposizione della madre si avvicina alla musica suonando il pianoforte per ore interminabili.
Ben preso, come reazione a questo tipo di repressione educativa, Antonello incomncia a scrivere le prime canzoni in dialetto romanesco. Nasce “Sora Rosa”, un attacco violento alla famiglia che trovò il suo punto di maggior realizzazione in “mio padre ha un buco in gola”.
Antonello incomincia a frequentare il Folkstudio, una cantina che si trova in Trastevere e dalla quale erano passati nomi del calibro di Bob Dylan e Joan Baez. Ed è lì che Antonello conosce il suo amico Francesco De Gregori con il quale dà vita al primo progetto di peso della sua carriera.
Quel progetto si chiama “Theorius Campus” e per alcuni rimane la cosa più pregevole dell’artista romano. Seguono “L’orso bruno”, “Le cose della vita” “Quando verrà Natale” e “Lilly”.(….) Nel 1974 Antonello viene incriminato per un’assurda questione. La canzone “A Cristo” presentata come sempre ad un suo spettacolo, viene ritenuta oltraggiosa da un funzionario di PS e per Venditti scatta la denuncia, il processo e tre mesi di condanna. 1975: Antonello sposa Simona Izzo, già annunciatrice della trasmissione tv “Prossimamente”, dalla quale ha un figlio.
Nel 1976, così come il suo collega-amico De Gregori, anche Antonello viene “processato” al Palalido di Milano. Ma Venditti si difende molto bene contrattaccando punto per punto i suoi contestatori.
La vita per Antonello cambia radicalmente. Nuova etichetta disocgrafica e nuovo disco “Sotto il segno dei pesci” nel 1978. Un successo incredibile, senza precedenti; 500.000 copie. Testimonianza di un lavoro accurato sui suoni e l’immagine musicale del rinnovato cantautore. Il suo produttore è quel Michelangelo Romano che, lasciate da parte le esperienze acquisite alla RAI di Roma nel corso della conduzione di alcune trasmissioni radiofoniche giovanili, dedicate alla musica, diventa di lì a pochi mesi il produttore numero uno in Italia. Sotto la sua ala finisce anche Vecchioni. Per Antonello è una trasformazione precisa estremamente professionale, tecnica. Arriva così la realizzazione del sogno americano che si concretiza nell’incisone dell’ultimo LP “Buona domenica”. Il disco viene registrato a Los Angeles, anche se le basi erano state preparate a Roma e i missaggi al favoloso Stone castle della brianzola Carimate. Mentre scriviamo, il disco è da pochi giorni in vendita e le sue prenotazioni superano già le 320.000 copie. E’ per nulla azzardato prevedere che l’album sarà il successo dell’anno. Antonello personaggio, discusso, contestato, professionista incallito torna nell’Olimpo della musica italiana con un’immagine di nove anni di gioie, sofferenze, speranze, illusioni crollate, realtà di vita. Quella di oggi forse è la più bella da vivere per l’eterno innamorato della sua splendida città.FABIO SANTINI
Nella foto una vera e propria rarità, la prima pagina di Rolling stone italiana!
(uscì in formato tabloid per un solo numero del 1980, il giornale è tornato nelle edicole da qualche anno)
Rolling Stone edizione italiana anno I n. 1 12-25 Aprile 1980
Venditti ’80
"E’ pesci e nuota bene"
di Carlo Massarini
sevuoi leggere questa bellissima intervista puoi richiederla a stefano@solegemello.net
In questa sezione verranno presentate le INTERVISTE rilasciate da Antonello Venditti in 30 anni di carriera. Periodicamente verrà scelto un articolo. Il materiale è qui riportato per fini di diffusione culturale, studio e ricerca, qualsiasi sfruttamento commerciale è vietato. E' consentito l'uso privato.
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