Antonello Venditti
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6/12/2011

"Le foglie e la libertà"

di Stefano Latini - "Solegemello" - per contatti: stefano@solegemello.net


Esterno giorno, Trastevere.

 
Unica 2011 - le foglie e la libertà - di Stefano Latini Solegemello A Roma è autunno inoltrato, non fa freddo e Natale è già qui.

I colori di questa città sono sempre gli stessi: l’arancio, il rosso, il giallo, il marrone.

Le foglie accarezzano i palazzi, li cingono come cinture, altre sono in terra, cadute dai rami.

Questa è la stagione più bella, soprattutto a Trastevere. L’isola Tiberina, il Tevere , i ponti, le chiese, le piazze, e questo quartiere che è anche sinonimo di musica, di canzoni.

E sono qui proprio per questo, per ripercorrere le strade, le sensazioni, i colori, le luci che sono state l’ambiente di riferimento della canzone romana e chissà anche dell’ultimo album di uno degli esponenti principali, Antonello Venditti. In particolare sono qui per “Cecilia”, contenuta nel disco appena uscito. E’ una canzone che ho amato da subito, istintivamente.

Protetta dall’ansa del fiume, tra il Ponte Palatino e Porta Portese, sorge la chiesa di “Santa Cecilia in Trastevere”, nella quale riposano le spoglie della Santa.

Ho trovato del tutto naturale che Venditti dedicasse una canzone a questo personaggio, proprio per questa intima collocazione anche geografica della chiesa a lei dedicata e al suo culto, perché Cecilia è diventata secondo la tradizione,  la patrona della musica, perché “Cecilia” significa Roma, significa “il canto”,  significa Trastevere, tutti aspetti così importanti per Antonello Venditti.

E ancora “Cecilia” è un brano “antico” che ho da subito paragonato ai pezzi più ”romani” e forse più  belli della sua produzione, parlo di “Campo de' fiori”, “E li ponti so’ soli”, “Attila e la stella”, la stessa “Roma capoccia” e così via. E’ un brano nudo, pulito, almeno per buona parte dell’incisione, fatto di voce, musica essenziale che quasi riproduce il suono di un organo, un testo semplice ma che racconta in modo fotografico la vita, la morte, la gloria del personaggio.

Cecilia è senz’altro ispirata alla grande religiosa ma è anche una metafora universale di un tipo di donna forte, laica, del tutto diversa  rispetto a quella che la cronaca purtroppo ci ha abituato a commentare.

Una donna capace di sacrificarsi per far trionfare ciò in cui crede e non quella che è la spicciola convenienza personale. Cecilia è anche “il canto” e Antonello Venditti affronta questo brano con una vocalità strabiliante, limpida, potente, commovente. Il suo canto diviene quello di Cecilia che  dedica il suo amore a Dio, diventa quello di un estremo, unico, grido di libertà.

Ancora e sempre il canto e la voce come sinonimo della vita stessa e dell’agire nel mondo. Agire secondo libertà. Una libertà rivendicata fino in fondo, anche quando vince la violenza “calci e sputi nella notte…”, anche quando viene messa di fronte alla morte. E' tanto l’amore di Dio, è tanta la forza che si sprigiona da Cecilia, che la scena è inondata di luce, “quanta luce sulla spada, io non ci vedo più”.  Perché la stella polare è l’amore, l’amore per Dio, l’amore per la libertà, “per te io muoio e canto”, per un’idea giusta, immacolata, senza dubbi di sorta, “il primo amore” che per definizione è dotato di una forza e di una luce ineguagliabile.

Cecilia, nobile romana convertita al cristianesimo, è al tempo stesso santa e donna. Il suo amore è “santo e sicuro” ma al tempo stesso come donna non è aliena dalle fragilità umana, quell'amore è anche  “confuso come il primo amore”, come dire l’amore sacro e l’amor profano. Antonello ha tratto questo spunto dall’antifona della messa nella festa della santa. Il testo di tale canto in latino dice infatti “conserva o Signore immacolati il mio cuore e il mio corpo, affinché non resti confusa”.

Santa Cecilia, Maderno. Chiesa di Santa Cecilia in Trastevere “Cecilia” ha dunque la struttura del canto religioso, a partire dalla musica solenne e dal canto spiegato al cielo, ma ha la capacità di parlare a tutti, indifferentemente. Ancora una volta “la santità” e “la maestà” che ritornano nelle canzoni del cantautore romano.

Da notare come anche la musica, nella seconda parte del brano, torni decisamente al presente, addirittura con un’apertura pop che forse depotenzia un po’ la drammaticità dei versi e dell’atmosfera.

Mentre lascio Cecilia pietrificata nel marmo del Maderno all’interno della chiesa, penso alle altre canzoni del disco, uscito in questi giorni.

Penso che questo sia un album Cecilia-centrico, perchè questo brano non viene eguagliato dagli altri episodi del disco che anzi a volte si puntellano ad esso nella tematica, altre volte ne sono slegati e si presentano complessivamente incerti.

Uno dei pezzi migliori, la struggente “E allora canta!”, nata sui tetti della Facoltà di Architettura durante l’ultimo movimento, ha degli spunti interessanti sia nella musica, il bel refrain alle tastiere, sia nel testo che parla a tutti i giovani. Una capacità di partecipazione umana non comune nelle canzoni di oggi. Amo particolarmente questi versi : Ne abbiam passati di giorni tristi, di solitudini e melanconie. Passati invano nel non capirsi mentre la vita ci scappava via”, come anche i riferimenti alla perdita del lavoro e alla necessità di unirsi tutti insieme attraverso il canto e una partecipazione corale a “le cose della vita”. Sono temi che sentiamo sulla pelle.

Il titolo “E allora canta” declina il suo più corretto significato nel coro finale “la libertà ritornerà”. E’ come se il ’68 tornasse attuale, nelle sue istanze più vere e condivisibili, quelle della libertà, della giustizia sociale, della costruzione di una comunità viva e solidale.

Quello che manca in questo brano è forse un’omogeneità complessiva tra le varie parti, le strofe, il coro finale e il finale di sax suonato da Gato Barbieri, che per quanto bello e toccante non sembra perfettamente integrato con tutto il resto del pezzo.
 

Verso Porta Portese. Mi fermo sul ponte.

 
L’altro brano che mi ha conquistato immediatamente è stato “Oltre il confine”, dove una certa  ingenuità nell’affrontare il tema è ampiamente giustificata dal fatto che Venditti presta la sua voce al personaggio di cui vuole raccontare la storia, in questo caso un giovane ragazzo africano con moglie e figlio al seguito. La musica è semplice, di facile presa.

Ho sempre apprezzato quando i cantautori si trasformano nei personaggi di cui vogliono parlare prestandogli la loro voce. Questo ragazzo, che affronta tutti i pericoli del mare, “mare mare, eccomi qua”, ha un solo sogno, quello di rinascere in un’altra città, libero. Ancora una volta il tema della libertà torna prepotentemente come anche il tema religioso. Antonello vagheggia una religione universale, dove se esiste un Dio, un Allah, questo deve essere necessariamente buono e misericordioso con gli uomini.

In definitiva, oltre il confine di questo ragazzo c’è la speranza. La speranza di riuscire a costruire una vita nuova, fatta di lavoro, umanità e soprattutto libertà. Ed è questa anche una precisa scelta di campo da parte dell’autore.

“Unica”, al  di là dell’omonimo brano contenuto nel disco, credo sia proprio “la libertà”, tema dominante di tutto l’album.

La canzone che dà il titolo a questa raccolta di canzoni, “Unica”, parla invece di un amore finito e degli inevitabili rimpianti e dolori postumi, un masochismo dell’amore alla “Amici mai”. La canzone si segnala in positivo per la gradevolezza dell’introduzione di chitarra acustica e per i versi “noi due, due foglie cadute dallo stesso ramo”, che si potrebbe estendere, oltre che alla fine dell’amore, anche al passare del tempo, della vita, con le inevitabili perdite che essa comporta. Come le foglie, così gli uomini, diceva il Poeta nell’Iliade.

Purtroppo questa canzone, apripista per la radio è vero, non ha però una forza intrinseca come le altre di cui ho parlato, anzi vive di qualche buono spunto e di tanta ripetitività, al punto che il testo è più volte ripetuto nella parte finale del pezzo.

Tra gli episodi più deboli c’è anche “Come un vulcano”, canzone senza pretese, di ambientazione anni 80/primi 90, alla voce “In questo mondo di ladri” e “Benvenuti in paradiso”,  è un piccolo bozzetto di pregi e difetti della donna amata.

Poca menzione merita anche “La ragazza del lunedi”, brano che si inserisce nel filone satirico-impegnato di Venditti, sulla scia di episodi come “L’uomo falco”, “L’ottimista”, “Il sosia”, “Rocky Rambo e Sting”. In questo caso però non va a segno come in passato, perché abbiamo assistito a talmente tante satire su Berlusconi che questa sicuramente non brilla per grande originalità. Meglio “Il sosia”, nel recente passato.

“Ti ricordi il cielo”, il pezzo scritto da Pacifico, è invece un brano ben scritto e ben cantato, orecchiabile. A mio avviso però, non convince a pieno, per un certo barocchismo e per la sua autoreferenzialità. Si alternano nel pezzo delle belle immagini, tutte dedicate al cielo. Il cielo come specchio dei nostri desideri, il cielo gonfio di pioggia, il cielo di primavera e ancora la sua versione notturna, ”stasera fiorirai di stelle”, che fa da sipario ai personaggi della notte, ubriachi e cani senza catena. Il cielo come palcoscenico dei destini e dei sogni umani. Bello, ma appunto troppo costruito, troppo perfetto. L’estetica in questo pezzo vince a mani basse sulla sostanza.

 
Trastevere, verso la chiesa di San Francesco a Ripa.


Altra occasione persa e forse maggiore rimpianto di tutto l’album è invece “Forever”. La canzone si segnala per una scarsa originalità della musica, evidenti i riferimenti al pop internazionale, e per alcuni sprazzi di poesia nel testo. Sono brandelli di ispirazione che raccogliamo come stille preziose Lo sguardo trova sempre quello che cerca il cuore, guardando dentro me ritrovo il tuo dolore, io ti amerò per sempre tu mi dicevi allora, ricordo le tue labbra ridevano all’aurora”.

Credo che Venditti si riferisca alla madre scomparsa di recente, in quanto cita esplicitamente una frase della recente autobiografia “lo sguardo trova sempre quello che cerca il cuore”, scritta proprio nel passo del libro nel quale dialoga con il ricordo e il lascito della madre. (In realtà, nelle interviste rilasciate in occasione dell'uscita di "Unica" non c'è trccia di questa dedica alla madre e "Forever" sembra vissuta esclusivamente come un brano d'amore, ndr Solegemello). 

L’atmosfera fin qui era tesa, malinconica, quasi una “Lacrime di pioggia” al femminile.

Purtroppo il brano si apre poi ad un arrangiamento più pop e alla reiterazione del ritornello, non particolarmente originale, e all’inglesismo “forever”. Il tutto appare fin troppo costruito.

Peccato, perché il tema, il ricordo, era di tutto rispetto e la canzone prometteva bene.

In Non ci sono anime”, la voce di Antonello quasi sussurra. E' come se cercasse intorno a sé, persone con cui condividere il suo stesso modo di sentire, la sua stessa sensibilità.

Il pezzo è un pò rovinato da quell’atmosfera iniziale che non può non far pensare al Vasco Rossi di “E”.

Non è sicuramente il pezzo guida del disco, però ha degli spunti interessanti, "Anime che cercano per l’eternità quell’attimo infinito e libertà”, ancora il tema principe di questo album, la libertà appunto.


Trastevere, tramonto. “Voglio andare in Santa Maria…”

 
Questo disco mi lascia una sensazione strana, una sensazione che ho provato spesso ascoltando gli ultimi lavori di Antonello Venditti. Una sensazione di “non finito”, di “un’ispirazione” abbozzata e poi non pienamente trasfusa nelle canzoni. Un'impressione di buone intuizioni, di temi forti e di una realizzazione in alcuni casi approssimativa, di testi e musiche che promettono qualcosa che poi non riescono a mantenere completamente.

Ho scritto queste righe per spiegarmi meglio con quanti mi conoscono direttamente e con quanti ho avuto un dialogo solo virtuale,  con tutti ho dibattuto in questi primi giorni su questo ultimo lavoro di Antonello.

Gli anni passano, quest’anno “Solegemello” compie dieci anni. E’ normale e umano cambiare ma le persone che amiamo vorremmo davvero “tenerle più vicine” e non farle scappare via, come le foglie.

 
“Dove ho lasciato te, dove ho lasciato me…”.
Già.

 
2011 tutti i diritti riservati “Solegemello” - 6/12/2011

di Stefano Latini - "Solegemello" - per contatti: stefano@solegemello.net


"Il rumore della pioggia" - 2007

di Stefano Latini - "Solegemello"

E’ tornato. E già questo volge la mia giornata al buono, mi spunta un sorriso bambino mentre ascolto e riascolto quella voce e quelle parole che tanti anni fa mi hanno stregato e steso per sempre. “Dalla pelle al cuore” arriva a quattro anni da “Che fantastica storia è la vita”, uno dei dischi più acustici ed asciutti musicalmente della storia recente di Antonello.
La prima sorpresa è trovarsi di fronte ad un album questa volta assai ricco di suoni, di orchestre synt e di elettronica. E’ un disco “pesante” questo “Dalla pelle al cuore” anche per alcuni temi scelti: il tradimento, il perdono, la morte, l’ideologia, la solitudine, ed è un disco vario perché all’atmosfera barocca di alcuni brani si accosta un’energia rock di cui Antonello aveva manifestato la voglia nelle ultime esibizioni dal vivo. Del resto queste due anime sono sempre state presenti in Venditti che già in passato si era lasciato affascinare da una dimensione quasi sinfonica (pianoforte e orchestra), basti pensare ad album antichissimi come “L’orso bruno” (1972), “Lilly” (1975), “Ullàlla” (1976), ed in altre occasioni ha invece coniugato il suo comunicare in musica con la semplicità scarna di un “Le cose della vita” (1973) o un “Sotto il segno dei pesci” (1978). Ma tante sono le contraddizioni che negli anni Antonello ha manifestato, questo si, senza falsi pudori ed opportunismi: una difficoltosa ma efficace dialettica tra laicismo e cattolicesimo, del resto le due anime della sua e mia amata Roma capoccia, il suo essere “diverso” ma allo stesso tempo necessariamente “integrato”. “Dalla pelle al cuore” è questo, un disco “furbo” ed allo stesso tempo “suo”, banale ed ispirato.

Nel disco sono presenti due nuclei, il primo è caratterizzato da un evidente impegno lirico, il secondo ricalca certi stereotipi della nostra canzone spesso frequentati dall’ultimo Venditti. Mi riferisco nel primo caso a quel gruppo di brani che appaiono collegati  tra loro come “Piove su Roma”, “Giuda”, “Tradimento e perdono”, canzoni piene di voci, di suoni, di fruscii, di parole appena accennate e che, allo stesso tempo , manifestano un dolore lacerante per la perdita dell’amore, per la solitudine umana, per la morte che può diventare anche tradimento, “per il tacito infinito andar del tempo” che si avverte nitidamente tra le gocce che coprono Roma come un “sipario di mare”. E’ una pioggia incessante, “un  regalo di marzo che nasconde il suo veleno”, una pioggia che evoca ricordi, dolore, morte, come in un romanzo di Hemingway, come nel film “Blade Runner” (“…E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire”).
Dietro l’angolo non appare la speranza come in “Sotto la pioggia” (1982), questa è un’altra storia. La canzone nasce dallo stesso stato d’animo che aveva evocato le voci di “Lacrime di pioggia” (2003), lo stesso che tanti fa ci aveva regalato quel momento di grande sincerità espressiva contenuto nell’album “Quando verrà Natale” (1974).

“Questa” pioggia non ha nulla di consolatorio (“nemmeno questo tempo di merda mi consola”, tanto per parlar chiaro!), è piuttosto la grancassa per le emozioni  e i dolori e la lente di ingrandimento per le storie di Roma, quelle piccole, che si dipanano ogni giorno per le strade della città. Questa dimensione acustica, generata dalle gocce che ricoprono “il mondo intero”, richiede però un particolare stato d’animo, “…amore tu non la puoi sentire…”, è un mettersi in ascolto, accordare la propria anima con quella del cantautore. “Piove su Roma” è quindi un brano che nasce dalla perdita dell’ amore ma che diventa qualcosa di più, è un brano sulla “cognizione del dolore”.

Della stessa pioggia-veleno si nutre il rimpianto di “Giuda”, magistralmente interpretato da Antonello che per l’occasione diventa la sua voce.
“Giuda” vaga come un’anima in pena nell’inferno (era “solo un uomo” e adesso è “un uomo solo”), perchè vive nella dannazione e nell’umiliazione. Questo fantasma vuole parlare ancora una volta al “suo vecchio amico” (Gesù), perché la sua condizione lo accomuna a tutti gli uomini, ed il dolore che si grida dentro è il dolore dell’umanità stessa. Giuda rappresenta cioè la solitudine e il suo peccato e il suo errore è stato quello della presunzione: ha tradito per diventare il primo fra gli uomini e fare a meno di Dio.
Un secondo piano di lettura della canzone è quello del rapporto dell’uomo con Dio, e apre una riflessione sul significato del “peccato” (“Ora sono qui ultimo tra gli uomini a portare ancora tutte le spine della tua corona”), del tradimento e del perdono, temi che torneranno più volte all’interno di questa raccolta di canzoni. Bellissime le doppie voci e i cori dello stesso Antonello che rimandano a brani antichi come “Il mare di Jan” (1973) e che rendono con efficacia l’atmosfera “infernale” della canzone. Una musica davvero riuscita, in cui si intrecciano in maniera perfetta tastiere ed elettronica (una serie di suoni distorti sottolinea tutto il rimpianto, il dolore, di quest’anima dannata), conduce alla soluzione(?) finale che è quasi un problema filosofico. Il perdono di Giuda oltre che spezzare la sua dannazione eterna, potrebbe liberare anche Gesù dalla solitudine? Può l’uomo fare a meno di Dio? Può Dio abbandonare l’uomo all’errore?  “Che sarà di me? che sarà di te? dimmi mio signore…”.

Se il suicidio di Giuda è figlio del suo tradimento (ma quanto diventano inutili trenta denari quando si perde tutto!), il suicidio può essere esso stesso un tradimento. E’ il caso della canzone “Tradimento e perdono” nella quale Antonello con un tocco molto delicato (però l’espressione “mondo coglione” era evitabilissima!) e con l’accompagnamento dolce delle chitarre, rievoca la figura di Agostino Di Bartolomei, capitano e guida della Roma dello scudetto, morto suicida nel 1994,  “…Ricordati di me, mio capitano! cancella la pistola dalla mano…”. Al volto di Agostino fotografato magnificamente con quel “sorriso sgomento anche se hai vinto…” si sovrappongono quelli di altri due campioni della cultura e dello sport, si tratta di Luigi Tenco, pieno di amici eppure “solo e lasciato lì” e Marco Pantani. Per chi come me ha amato il grande Pirata è un colpo al cuore: “Mi ricordi di Marco e di un albergo nudo e lasciato lì, era San Valentino l’ultimo arrivo e l’hai tagliato tu”.
La canzone offre una riflessione sulla fragilità umana attraverso personaggi che avevano avuto tutto dalla vita ma a cui forse mancava l’amore per se stessi e il reale calore umano. “Se ci fosse più amore per il campione oggi saresti qui”,  perchè una forma di tradimento è anche il non aver saputo ascoltare, il non aver saputo dare tutto il proprio affetto al momento giusto. Anche questo brano, come i precedenti di cui ho parlato, mette i brividi, perché Antonello, attraverso Ago, Marco e Luigi parla di tutti, perché il suicidio è un germe che potenzialmente è in ogni uomo, è il massimo tradimento della vita e degli altri che restano impotenti di fronte al gesto. Anche in questo caso l’unica salvezza, l’unica possibilità di rinascita è il perdono “Tradimento e perdono fanno nascere un uomo ora rinasci tu” : solo così il sorriso triste di Agostino può smettere di essere un tormento e diventare un ricordo dolce e amaro…

Fin qui, i punti forti del disco. Il resto purtroppo non è all’altezza di quanto sopra, con qualche piacevole eccezione. Ancora legata al tradimento e al perdono, questa volta limitato al rapporto tra uomo e donna, è “Dalla pelle al cuore”, canzone orecchiabile in cui Antonello parla di amore e sensualità e sperimenta un po’ di rhythm&blues finendo spesso e volentieri dalle parti del pop nostrano, Zero Assoluto inclusi. Idealmente legata a “Piove su Roma” (un effetto sonoro che riproduce scrosci d’acqua collega idealmente le due canzoni), è poi la ballata “Scatole vuote”, una “Dimmelo tu cos’è al contrario venticinque anni dopo” come l’ha definita più o meno il suo autore. Diciamolo subito, poco a che vedere con “Dimmelo tu cos’è”, però il testo concede qualche verso piacevole quando la sala di registrazione entra nella canzone “Io lavoro come un cane…come vanno le canzoni? …il nuovo disco sarà forte però…”, e ancora “Scatole vuote piene di silenzio conto le scarpe che ti portano via…”, il ritornello e l’impianto complessivo della canzone sono però più vicini a Sanremo che alla canzone d’autore. “Indimenticabile!”, un rock in cui riecheggiano chitarre alla U2 e un ritmo giovanilistico, è poi il punto più debole dell’album; solo qualche verso è da ricordare e lo facciamo volentieri: “Ma se il destino è vivere nell'infelicità vicini e lontanissimi oltre l'eternità”, il resto, a dispetto del titolo, è abbastanza “dimenticabile”, come quell’ossessivo scandire l'aggettivo incriminato alla fine del pezzo.

Molto dolce, mi ha fatto subito pensare ad un cioccolatino, è “Regali di Natale”, brano dall’impianto tradizionale che ricorda per struttura le più famose canzoni d’amore di Antonello. Si apre con un suono d’organo che crea l’atmosfera natalizia. L’inizio è riuscitissimo, dolce e semplice come sanno essere certi pezzi di Venditti : ”Ritornerà dicembre con il freddo e i temporali e tu sarai già pronta con la lista dei regali, ci incontreremo all’angolo in quel bar di Via Frattina”, oggettivamente fa venire voglia di abbracciarsi e scacciare via il freddo. La citazione della famosa strada di Roma, a due passi da Piazza di Spagna, rende il tutto ancora più suggestivo. La canzone, che si è aperta con tanta efficacia, prosegue poi in maniera abbastanza ripetitiva, anche se il finale riserva ancora qualche bella frase “Confondono i ricordi i regali di Natale trasformano in minuti tutti gli anni che passavi” e l’ironia di “Ma che destino complice ti ritrovo in libreria, a ricomprarmi Seneca proprio mentre andavo via” (capiterà anche ad Antonello di riciclare i regali?). Piccola curiosità: anche il filosofo latino ha qualcosa in comune con i personaggi di questo disco.

Mancano ancora i due pezzi “politici”, diciamo così, di questo album. Il primo è “La mia religione”, brano dall’impianto rock, nel quale a livello musicale prevale il già sentito (siamo dalle parti di Ligabue) e che presenta un testo che solo a tratti mostra qualcosa di interessante. “La mia religione” è il brano dell’affrancamento dai “padroni ideologici”. I punti più alti sono quando, con dei piacevoli passaggi musicali, Antonello dice:  “E nel comune cammino, io ritrovo il destino che dà senso alla mia vita e alle parole, è la mia storia è la mia religione”,  e “Vivere senza catene senza porre confine tra l’amore assoluto e la ragione”.  Bello e programmatico.
Dal tono scanzonato ed estivo è la sfiziosa  “Comunisti al sole”, anche questa una canzone post-ideologica, in cui del comunismo è rimasto solo il nome, tanto è vero che anche il protagonista della canzone sogna una giornata alla Briatore. L’invito è quello a restare come si è: meglio sognatori che scialbe copie del vip di turno.

Questa lunga cavalcata “Dalla pelle al cuore” ha cercato di raccontare un punto di vista sull’ultimo di Venditti, e vista la grande stima per il cantautore, non di recensione si tratta ma di semplici considerazioni da appassionato.
Io spero che possano uscire fuori di questo disco i punti alti e che non ci sia la dittatura dei singoli, spero che tutti, anche i non "vendittiani", possano apprezzare l'impegno dell'autore Antonello nel comporre un testo come quello di "Giuda" o nel creare il pathos dolente di “Tradimento e perdono”, testi finalmente all'altezza del suo nome. Brividi quando Antonello cita Agostino, Luigi e Marco; questo mi aspetto da un cantautore, che racconti storie, faccia riferimenti all'attualità, alla vita politico-sociale. Spero che ci sia sensibilità in giro per ascoltare e capire il rumore della pioggia e del dolore.


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17-11-2007 E' arrivato il nuovo album di Antonello...

Domenica sera (18/11) Antonello sarà ospite di "Che tempo che fa" di Fabio Fazio, su Raitre. Da non perdere anche "Rino vive" - La Storia siamo noi, lunedì 19 novembre, alle 23.30 su Rai Due, puntata dedicata a Rino Gaetano con testimonianza di Antonello Venditti.
 
Ecco la tracklist dell'album:



1. Dalla pelle al cuore
2. Piove su Roma
3. Scatole vuote
4. Indimenticabile!
5. Giuda
6. Tradimento e perdono
7. La mia religione
8. Regali di Natale

9. Comunisti al sole

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24/10/2007 Tour 2008

DALLA PELLE AL CUORE TOUR 2008

08/03/08 PADOVA - Pala Net
13/03/08 CONVERSANO(BA) - Pala San Giacomo
15/03/08 PALERMO - Palazzetto dello sport
20/03/08 BOLOGNA - Palamalaguti
27/03/08 MILANO - Datch Forum
29/03/08 TORINO - Mazda Palace
04/04/08 ROMA - Palalottomatica
05/04/08 ROMA - Palalottomatica
10/04/08 MANTOVA - Pala Bam
12/04/08 FIRENZE - Nelson Mandela Forum
17/04/08 GENOVA - Vaillant Palace
19/04/08 PESCARA - Pala Giovanni Paolo II


Per tutte le informazioni ufficiali visita il sito F&P...clicca qui: http://www.friendsandpartners.it/....

(solegemello.net, 24-10-2007)


Il singolo è "on air", è arrivato "Dalla pelle al cuore"

Per visualizzare il testo della canzone e i primissimi commenti, puoi visitare il forum del sito "Solegemello" e il Blog "Vendittando" di Marta

(solegemello.net, 14-10-2007)


Antonello Venditti, nuovo album il 16 novembre, il singolo in radio il 12 Ottobre (28/9/2007)

Si intitola "Dalla pelle al cuore" il nuovo album di Antonello Venditti, il disco del cantautore romano verrà immesso sul mercato verso la metà del prossimo novembre. Dal 12 Ottobre sarà possibile ascoltare in radio il singolo omonimo (Fonte:Reuters Italia). Come riferisce l'agenzia ANSA nella sua nuova fatica discografica troverà spazio anche un brano, intitolato "Tradimento e perdono", dedicato ai grandi campioni morti suicidi perché dimenticati dalla società: nelle liriche della canzone vengono citati Marco Pantani, Luigi Tenco e Agostino Di Bartolomei, storico capitano della Roma morto suicida nel 1994. (Rockol/Ansa).  I quotidiani del 20/7/2007 parlano tutti del nuovo lavoro in uscita per Novembre con qualche dettaglio su "Piove su Roma", una ballata dall'ampia melodia, "Dalla pelle al cuore", "Indimenticabile!",  canzoni d'amore dal taglio più classico. (solegemello.net)
Maggiori dettagli a questi links:

Link 1 "La Stampa": "Canto Di Bartolomei e i campioni suicidi"

Link 2 "Il Giornale": "Canto Pantani e Tenco ingannati dal successo"

Link 3 "Vendittando"(il primo blog su Venditti): Sintesi delle principali anticipazioni stampa

(Aggiornato al 28/9/2007)


Anticipazioni sul nuovo album

Nel corso della trasmissione radiofonica di Roberto Cotroneo  (Radio2 - 22/9/2006), Antonello Venditti ha dato piccole anticipazioni sul nuovo disco. Lo ha definito "distante dai suoi lavori, eppure vendittiano", "complicatissimo", sulla scia di qualità di brani come "Lacrime di pioggia". Il disco uscirà nel 2007 e Venditti ha detto che uno dei brani dovrebbe intitolarsi "Piove su Roma".

In un'intervista rilasciata a Fernanda Pivano (Novembre 2006, Emozioni d'autore, De Agostini), Antonello afferma che nel nuovo album ci sarà anche una canzone ad argomento religioso.


Da un'intervista a Venditti su "Il Romanista" del  26 novembre 2006:

D. C'è un brano dedicato a Roma anche nel nuovo disco che stai preparando?
"Si, ma è una cosa che non avevo mai fatto prima, perchè il pezzo è soprattutto strumentale, con poche parole. Mi sono lasciato suggestionare per comporre "Piove su Roma" che definirei un suite sulla città e per la città. Racconta atmosfere, sensazioni che questa città è capace di dare".
D. A quando il prossimo concerto a Roma?
"Dopo l'estate come tappa del nuovo tour..." (dicembre 2006, grazie ad Andrea per aver riportato questa notizia)



Ciao! olegemello
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