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"Canzone d'autore"


Leonard Cohen
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Scrivici: sfn12@inwind.it

di Marco RE

Nato in Canada nel 1934, Leonard Cohen è prima di tutto poeta e narratore ancor prima che raffinato cantautore:esordisce infatti nel mondo della canzone a 34 anni suonati con l'album d'esordio "Songs of Leonard Cohen" (1968) che, con i successivi due album "Songs from a room"(1969) e "Songs of hate and love" (1971), traccia le linee di una poetica cantautoriale debitrice più alla tradizione dei cantautori francesi che a quella dei cantautori americani post Dylan. In questi primi tre dischi la matrice poetica e letteraria delle canzoni è molto forte poichè le esili e fragili linee musicali sono solo sorrette da strumentazione acustica e contrassegnate da quel caratteristico e unico timbro vocale sempre sospeso tra canto e recitazione. Vere e proprie poesie con accompagnamento musicale più che canzoni. Ma per molti questi tre album rimangono i gioielli del momento più ispirato per Cohen che si fa ammirare da un pubblico dai gusti decisamente raffinati anche per quel suo carattere schivo e appartato che poco è consono al mondo dorato del grande circo del pop.
Non a caso dopo questi tre primi album Leonard Cohen continuerà a pubblicare dischi solo seguendo il suo bisogno di esprimersi e non secondo le logiche di mercato o le scadenze fissate dalle case discografiche: bisognerà attendere infatti il 1974 per un nuovo album (anticipato l'anno prima da "Live songs", ovviamente un album live), "New skin for the old ceremony", dove Cohen cerca di arricchire i suoi sempre bellissimi testi con un abito musicale più ricco e coinvolgente.
Su questa scia è anche il successivo "Death of a ladies' man" (1977) ma risulta troppo appesantito da eccessivi arrangiamenti orchestrali che - in piena era punk - ne fanno un disco già vecchio alla sua pubblicazione e forse- oggettivamente- uno dei suoi dischi meno ispirati. Anche il successivo "Recent songs" (1979) sembra evidenziare un momento di stanca e di crisi d'ispirazione mentre sempre più insistenti si fanno le voci di un suo possibile ritiro dalle scene della musica.
Questo non accadrà ma bisognerà pur aspettare 5 anni prima di poter riascoltare Cohen con un nuovo album: è "Various positions" (1984) che - basti dire - contiene quella perla che è "Halleluja" (d'obbligo ascoltare anche la splendida interpretazione di Jeff Buckley su "Grace") e altri 4 per "I'm your man" (1988) secondo e ultimo album lungo tutto l'arco degli anni ottanta.
Il distacco dal mondo della musica ma più in generale dal mondo tout court avverrà comunque negli anni novanta: Cohen segue la strada della meditazione e si ritira in un isolamento monacale che lo porterà sempre più a sporadiche pubblicazioni nel corso degli anni novanta e di questo primo lustro del nuovo secolo. A parte antologie e dischi live si conta una sola incisione ufficiale negli anni novanta, "The future" del 1992 (fortemente influenzato dalle meditazioni spirituali e ispirato ai libri della Genesi e dell'Apocalisse) e bisognerà attendere il 2001 prima di poter ascoltare nuove canzoni. Preceduto dal live FIELD COMMANDER COHEN, testimanianza di un tour effettuato nel 1979, il nuovo album si intitola semplicemente "TEN NEW SONGS" e quasi a sorpresa lo scorso anno il nuovo DEAR HEATHER testimonia ancora una volta la sensibilità dell'artista canadese e il suo giocare un ruolo defilato ma di assoluto primo piano nel mondo della canzone d'autore contemporanea.

DI MARCO RE ROCK63



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