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Tim e Jeff Buckley
a cura di Marco Re "Rock 63" e "Papes"
TIM BUCKLEY
tratto da Pier Tacchini - "I grandi della musica pop " pp. 263 ,1979
Questa pagina è redatta per fini non commerciali, è vietato qualsiasi sfruttamento economico dello scritto e delle immagini, che appartengono ai rispettivi autori. Per informazioni scrivimi! (Solegemello)
Nato il 14.2.1947 a Washington, ancora giovanissimo si stabilisce con la famiglia in california, dove incomincia la sua cariera suonando con numerosi complessi stile country. Scoperto da Herbie Cohen, incide tutto d'un fiato, sembra in quattro giorni, il primo Lp per l'Elektra TIM BUCKLEY, nel 1966. L'anno successivo esce GOODBYE AND HELLO che lo fa conoscere un pò ovunque. I due Lp HAPPY/SAD, nel 1969, e LORCA, nel 1970, lo vedono avvicinarsi a lidi jazzistici stemperati in quella sua vena struggente che i brasiliani amano definire col termine di saudade. Ed ecco il capolavoro, STARSAILOR (1971), [Purtroppo inesistente in cd e mai più ripubblicato...è una delle gravi mancanze nel mondo della discografia mondiale. Nota di Marco]che con il precedente LORCA e BLUE AFTERNOON (1970), racchiude il meglio di questo delicato poeta dalla voce stranamente rauca e sibilante che incanta e ti spezza dentro in un modo indefinibile per la verità e la sincerità con cui porge il suo messaggio, sorretto da una tecnica d'avanguardia sia nei brani sia negli arrangiamenti, sempre a grande livello di pulizia e di intensa musicalità. Forse ha già detto tutto quello che tiene dentro, forse il contatto con l'establishment discografico lo rende creativamente sterile (rifiuto di pensare che, come moltissimi altri celebri colleghi, tenga l'occhio puntato sui Top Ten delle classifiche di vendita pubblicate settimanalmente): dopo uun inspiegabile silenzio di quasi due anni, i successivi GREETINGS FROM L.A. e SEFRONIA ,tanto attesi, deludono dolorosamente per la mancanza di quel linguaggio cui ci ha abituati. L'ultimo LOOK AT THE FOOL parla ormai solo il brutto dialetto commerciale, anche se di soldi ne fa ben pochi. E' comunque il canto del cigno (è il caso di dirlo rifewrendosi a lui): Tim muore infatti il 29.6.1975 per una superdose di una orrenda mistura di droga pesante, lasciando tutti perplessi per ciò che avrebbe ancora potuto dare superando la crisi di idee, magari svincolandosi dai rigidi schemi consumistici e trovando una pace interiore che a lui, giovane neoesistenzialista dai nervi fragili, da tempo è ormai negata. Lo ricordo con affetto (e non perchè sia morto) sprofondato in una poltrona in una suite dell'Hotel Palace di milano, dolcemente ironico e benevolo con i giornalisti e i critici che siamo riusciti a raggruppare per l'occasione (maggio 1974). Dopo il party andiamo a cena insieme: mangia poco, a dispetto della buona cucina, mentre s'informa su ciò che si può visitare in città: musei, mostre, gallerie e jazz club. E' estremamente gentile e mi dedica due righe sul retro dell'Lp. "A Pier, ringraziandolo del tempo che mi ha dedicato".
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Sito in italiano su Tim Buckley
Solo un paio di considerazioni su quelle che mi sembrano le perle dell’album:
"Pleasant street" (strada dell’inganno) è la strada che percorre un tossicodipendente…down down down..strofa che prelude ai ritornelli della canzone è il lento ed inesorabile cammino verso la fine..e poi le indecisioni…in cui non ricordi cosa dire, cosa fare, cosa scegliere…
Nota verso la fine la presenza in primo piano dell’organo che è da brivido…
You don't remember what to say
You don't remember what to do
You don't remember where to go
You don't remember what to choose
You wheel, you steal, you feel, you kneel down...down..down....
All the stony people
Walking 'round in Christian licorice clothes
I can't hesitate
And I can't wait
For Pleasant Street
The sunshine reminds you of concreted skies
You thought you were flying but you opened your eyes
And you found yourself falling back to yesterday's lies
Hello, Pleasant Street, you know she's back again
You wheel, you steal, you feel, you kneel down ...down..down....
All the stony people
Walking 'round in Christian licorice clothes
I can't hesitate
And I can't wait
For Pleasant Street
At twilight your lover comes to your room
He'll spin you, he'll weave you 'round his emerald loom
And softly you'll whisper all around his ear
"Sweet lover, I love Pleasant Street
I wheel, I steal, I feel my way down to kneel" ...down..down....
All the stony people
Walking 'round in Christian licorice clothes
I can't hesitate
And I can't wait
For Pleasant Street
You don't remember what to say
You don't remember what to do
You don't remember which way to go
You don't remember who to choose
You wheel, you steal, you feel, you kneel down...down..down....
Per il resto... "I never asked to be your mountain" (dedicata all’ex moglie) contiene strofe meravigliose…. "tu non hai capito il mio amore per te ... e la pioggia stava cadendo su quel giorno".
I never asked to fly
Remember when you came to me
And told me of his lies
You didn't understand my love
You don't know why I try
And the rain was falling on that day
"Once I was"...dapprima malinconica, dolce culmina in un finale in cui la voce di Tim esplode..queste ultime 2 canzoni interpretate poi dal figlio, hanno permesso a quest’ultimo di impressionare il grande pubblico, e hanno praticamente lanciato la sua carriera:
For the days when we smiled
And the hours that ran wild
With the magic of our eyes
And the silence of our words
Fino ad arrivare all’alba del disco “Morning glory” appunto, visto che tutto l'album come avrai notato sembra avvolto in cupe, ma affascinanti atmosfere notturne….
Quest'album dopo qualche ascolto prende, lascia senza fiato..basta entrarvi, e lasciarsi andare alla voce di Tim...la voce di un angelo....
Buon ascolto!
Papes
"Tim Buckley" & "Goodbye and Hello". Penso che mentre il primo sia importante per il fatto che fa intuire le enormi potenzialità dell'artista, naturalmente ai tempi incomprese e sottovalutate dai "critici" americani, veri esperti!!! Goodbye and Hello è a mio parere un disco unico ed irripetibile : si assite all'incontro tra classicismo (Tim ha ascoltato i vecchi dischi di famiglia, ed aveva idoli come Coltrane, Luciano Berio) droghe sintetiche, che giocano un ruolo determinante nella sua produzione. Non ricordo nessuno che abbia utilizzato nel filone psichedelico gli urletti di "I Never asked.." o che in generale avesse una voce simile, una voce perfetta, i testi sono scritti da un poeta suo amico. Si è parlato di una crisi di idee, che se fosse stata superata, avrebbe portato Tim nell'olimpo del rock. io comunque penso che il capolavoro sia G&H, Lorca è un altro disco apprezzabile.
Ascoltare Tim Buckely NON SUPERFICIALMENTE è una vera emozione. vi lascio con una sua canzone (strange feelin') che penso riassuma tutte le sue emozioni nel vivere.
I got this strange strange feelin'
Deep down in my heart
"I can't tell what it is
But it won't let go
It happens every time
I give you more than what I have
But now all I need is a little time to sing this song
And I think we're gonna find a way to lose this strange feelin'"
Sito in italiano su Tim Buckley
Tim Buckley sito ufficiale
http://www.timbuckley.com
"Goodbye and hello" è a detta di molti il capolavoro di Tim. Non è un album molto famoso, visto che negli anni in cui usciva (nel lontano 67) fu snobbato dagli americani, per poi essere riscoperto dopo la morte dell’artista, con relativa speculazione con antologie, inediti…. Per dare un'idea di quanto sia grandioso, riporto un pezzo di recensione estrapolato da un sito autorevole:
TIM BUCKLEY "Goodbye And Hello" (Elektra - 1967)
http://www.sensorium.it/Sensorium_Magazi/CLASSICI_TIM BUCKLEY Goodbye.htm
Per molti è soltanto "il padre di Jeff". In realtà Tim Buckley è uno dei cantanti più dotati della storia del rock. In possesso di una voce incredibile, estesissima, capace di dominare tutte le tonalità con identica padronanza, è inoltre un grandissimo autore. Ingiustamente sottovalutato, o meglio ignorato, da buona parte della critica, sembra essere, oggi, a circa trent'anni dalla sua morte per overdose, oggetto di culto da parte di moltissimi appassionati.
Dopo il suo non eccelso esordio, prima di iniziare ad incidere dischi dove dara' libero sfogo al suo visionario talento, unendo psichedelia, jazz, avanguardia, folk, e sperimentazione vocale, l'artista ci regala, nel 1967, probabilmente l'anno più importante per la musica rock, questo splendido "Goodbye and hello". In questo album, pur essendo legato al folk (seppur contaminato dalle sue visioni lisergiche), Buckley darà la prima dimostrazione del suo valore artistico, confezionando un platter che, seppur privo degli ermetici "voli" di cui la sua voce era capace (i quali caratterizzeranno i lavori successivi) risulterà uno dei suoi capolavori.
Ad aprire il disco è un'esplosione, con la quale inizia "Non man can find the war", tesa, drammatica, oltre che per l'arrangiamento, soprattutto per la voce dell'autore. Si prosegue con "Carnival song", che, tra carillion e rumori, risulta infine quasi magica, ipnotica. Il terzo brano, "Pleasant street", è dotato di una strofa molto suggestiva, che culmina in un "Down, down, down..." cantato su tonalità via via più basse, dal quale la voce si rialza in una declamazione urlata, coperta da una chitarra troppo invadente, che non consente al meraviglioso canto dell'autore di avere il sopravvento, come sarebbe stato opportuno.
"Hallucinations" si muove tra contrappunti di stampo classico e medievale, mentre "I never asked to be your mountain", con il suo ritmo incalzante di percussioni accompagnate da chitarra acustica e la voce di Buckley che si libra quasi a volersi svincolare da tutto il resto, anticipa cio' che saranno i dischi della "maturità", ammesso che questo non lo sia già: in particolare, a tratti, sembra di sentire la "Gipsy Woman" contenuta in "Happy Sad". "Once i was", e la conclusiva "Morning glory" sono due semplici ballate, prive di qualsiasi sbavatura, ben bilanciate ed emozionanti, che sembrano quasi ricordarci che Tim Buckley era, oltre che un genio dal punto di vista vocale, uno dei più grandi autori di musica rock.
Tra le due si situano, in ordine inverso, la title-track, nella quale un ritornello cantato nei modi più disparati (drammatico, pomposo, carnivalesco, festoso, romantico) è inframmezzato da una strofa di altissima suggestione, e "Knight errant", l'episodio minore del disco, almeno a parere di chi scrive, anche se si tratta comunque di una buona canzone. In conclusione, "Phantasmagoria in two". Quest'ultimo brano è una gemma di valore assoluto. Una vera e propria meraviglia, un qualcosa di struggente, etereo e terreno, capace di trasportarti con sè, ed una volta terminato, di lasciarti senza respiro, vinto da una melodia capace di emozionare chiunque, lasciando da parte qualsiasi forma di banalità.
Dopo questo ottimo disco Buckley cercherà nuove strade; arriverà, tramite un'ermetica sperimentazione a capolavori assoluti, per essere sempre maggiormente ignorato da critica e pubblico, al punto da essere costretto, negli ultimi anni della sua luminosa (artisticamente) e sfortunata(commercialmente) carriera, a concedere tanto, troppo, alle esigenze commerciali, producendo dischi mediocri, nei quali, tra l'altro, la sua voce, distrutta da droghe ed alcool, non sarà più in grado di essere, come negli anni d'oro, "la voce degli angeli".
Jeff Buckley
di Marco Re "Rock 63"
Il ricordo di Jeff Buckley mi sembra dovuto poichè - nonostante il suo passaggio su questa terra sia stato troppo veloce - ha lasciato un segno indelebile; basta ascoltare (e lo consiglio vivamente) "Grace" per apprezzare la straordinaria voce e l'intensa carica emotiva che sprigionava la sua musica. Io ho avuto anche la fortuna di vederlo dal vivo al festival dell'Unità di Correggio e le emozioni di quella sera non le ho ancora dimenticate.
E'semplicemente Musica...ma a volte rende più bella la nostra esistenza, la arricchisce...a volte la cambia.
http://utenti.lycos.it/astroboy2001/
Jeff Buckley, sito in italiano con traduzioni delle canzoni
Jeff Buckley...nel 5° anniversario dalla morte (29 mag 2002 ) FONTE: ROCKOL
Nella notte di cinque anni fa, erano le ore tra la fine del 29 maggio 1997 e l’inizio del 30, Jeff Buckley si tuffò nel Mississippi, per fare un bagno. Era vestito (di certo non la migliore condizione per nuotare), e fu probabilmente un’onda causata da un battello a farlo affogare. Il suo corpo venne ritrovato in un canale di Memphis il 4 giugno successivo. In questo modo tragico - ed anche un po’ stupido - finiva la vita di una delle stelle nascenti del rock: aveva appena 30 anni.Una figura di “bello e dannato”, come quel padre, Tim, che quasi non conobbe eppure al quale somigliava maledettamente. Jeff Buckley, mentre era in vita, pubblicò qualche singolo, un EP (“Live at Sin-è”) ed un album di bellezza cristallina, “Grace”: fu soprattutto quest’ultimo a farlo consacrare come la “next big thing” della musica, sospeso com’era tra brani eterei (la rilettura quasi mistica di “Hallelujah” di Leonard Cohen), rock tirati (“Eternal life”, dal titolo che sa di beffa, con il senno di poi) e ballate radicate nella migliore tradizione americana (“Lover you should’ve come over”).
Jeff non riuscì mai a dare un seguito a quell’album. Ci provò, eccome: a Memphis stava provando a registrare il secondo disco, dal titolo provvisorio di “My sweetheart the drunk”, per il quale aveva inizialmente convocato l’ex Television Tom Verlaine come produttore, salvo poi decidere che il lavoro era tutto da rifare.
Il disco venne pubblicato nel 1998, sotto il titolo di “Sketches for My sweetheart the drunk”, a cura della madre di Jeff, Mary Guilbert, che da allora ne cura gli interessi in modo quasi dittatoriale. Non entriamo nei dettagli di quell’operazione, né di quelle successive (due live, rispettivamente del 2000 e del 2001), perché criticabili come tutte le operazioni post-mortem. Basta vedere quello che è successo al catalogo di Jimi Hendrix. E, come il leggendario chitarrista, anche Buckley figlio è diventato un’icona, ancora più del padre, morto pure lui giovanissimo. Ora, ogni voce significativa che si affaccia sulla scena viene definita “il nuovo Jeff Buckley”. E’ davvero un peccato che Jeff non sia qua a far vedere che “il nuovo Jeff Buckley” era lui, e nessun altro. Hallelujah. (29 mag 2002 ) FONTE: ROCKOL
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Jeff Buckley: Sito in italiano con traduzioni delle canzoni